Quantcast
Channel: Burqa – Il Fatto Quotidiano

Gisele Bundchen tenta di nascondere il “ritocchino” sotto il burqa. A Parigi, dove è vietato dal 2010

$
0
0

C’è del genio nel goffo travestimento che Gisele Bundchen avrebbe utilizzato a Parigi per non farsi riconoscere dai paparazzi. Pare che la supertop brasiliana abbia deciso di coprire le sue apprezzatissime grazie con un nero burqa, costringendo anche la sorella Rafaela a fare lo stesso. L’indiscrezione, ripresa in Italia da Luca Dondoni sul sito de La Stampa, è di Page Six, quotidiano online del gruppo del New York Post, che ricostruisce una vicenda a tratti esilarante.

Secondo quanto scoperto dai segugi del gossip parigino, la Bundchen avrebbe fatto visita, un paio di settimane fa, a una clinica di chirurgia estetica nella capitale francese, allo scopo di dare una ritoccatina al suo seno. Per non farsi scoprire dai fotografi, che ovviamente la seguono h24 in ogni suo spostamento, avrebbe allora imboccato la via araba all’anonimato. Peccato, però, che qualche gola profonda abbia voluto rovinare il piano perfetto: l’autista ritratto nelle foto sarebbe lo stesso che accompagna Gisele nei suoi soggiorni francesi, il quale avrebbe portato le sorelle Bundchen prima in clinica e poi, una volta fatto il “tagliando”, in una Spa extralusso.

Ma il piano di Gisele aveva un enorme difetto già all’origine: la laica e femminista Francia, infatti, ha bandito il burqa ormai cinque anni fa, e qualsiasi donna araba particolarmente religiosa, fosse anche la moglie di un emiro, non potrebbe girare vestita in quel modo per le vie della Ville Lumiere. Il risultato finale è che quella che voleva essere una trovata diabolica si è trasformata in un fail clamoroso (e anche un po’ imbarazzante) per una delle più osannate top model del mondo.

The post Gisele Bundchen tenta di nascondere il “ritocchino” sotto il burqa. A Parigi, dove è vietato dal 2010 appeared first on Il Fatto Quotidiano.


Lombardia, vietato l’accesso con burqa e niqab nelle strutture regionali. Il Ministro Orlando: “Solo propaganda”

$
0
0

Niente burqa e niqab nelle strutture regionali e negli ospedali lombardi per questioni di sicurezza. Questo l’obiettivo non dichiarato esplicitamente dalla Giunta Maroni che ha modificato il regolamento sull’accesso nei luoghi pubblici, sottolineando che nessuno potrà entrarvi senza mostrare il volto. Tecnicamente, si tratta di una specificazione ad hoc di una legge dello Stato italiano.

Nel presentarla il governatore lombardo, durante la conferenza stampa dopo la riunione di Giunta, non ha mai citato gli abiti tradizionali usati da molte donne musulmane, nonostante il suo partito, la Lega Nord, lo avesse chiesto più volte dopo gli attentati jihadisti del 13 novembre a Parigi. “Chi controlla l’ingresso negli ospedali e negli uffici pubblici - ha spiegato – e vede qualcuno che cerca di entrare con il volto coperto, non lo fa entrare. E’ previsto il divieto di ingresso. Noi non dobbiamo pubblicizzare una legge dello Stato”. Roberto Maroni ha poi smentito ogni possibile frizione sul tema con il leader della Lega, Matteo Salvini: “Non c’è stata nessuna polemica con il mio segretario. Su questo, e non solo su questo, siamo perfettamente allineati“.

Orlando: “Normative ci sono già, inventarne di nuove è propaganda”

La decisione di Maroni è stata però fortemente criticata dal Ministro della Giustizia, Andrea Orlando: “Siccome c’è la legge, non si avverte l’esigenza di inventarsene di nuove, che appaiono di sapore simbolico-propagandistico – ha affermato –  In questo momento c’è bisogno di tutto tranne che agitare dei simboli e di fare propaganda, perché mi pare che in questo ambito gli estremisti islamici siano imbattibili, e quindi non mi cimenterei su questo terreno”.

Chiamparino: “E’ un’inutile sottolineatura con fini propagandistici”
D’accordo con Orlando sono i governatori del Piemonte, Sergio Chiamparino, e della Toscana, Enrico Rossi. “Quella della Lombardia mi sembra una inutile sottolineatura, una ridondanza pleonastica con fini politici, propagandistici, non so quanto utile per contribuire a dare serenità al clima attuale”, ha affermato Chiamparino. Enrico Rossi, invece, si è concentrato sul ruolo della donna: “Penso che il punto centrale sia ritrovare il gusto ad una battaglia culturale che punti all’emancipazione della donna, alla parità dei diritti, alla lotta alla violenza, all’integrità del corpo. Su questo non possono esserci deroghe. Vietare di indossare alcuni abiti ha il rischio di produrre effetti opposti, sarebbe più opportuno convincere, semmai”.

 

The post Lombardia, vietato l’accesso con burqa e niqab nelle strutture regionali. Il Ministro Orlando: “Solo propaganda” appeared first on Il Fatto Quotidiano.

Germania, nuove misure antiterrorismo: allo studio anche il divieto di burqa

$
0
0

Stop al burqa, l’abito islamico che copre per intero il volto ed il corpo delle donne. E’ questa una delle proposte del ministro degli Interni tedesco Thomas de Maziere, che prepara una stretta delle misure antiterrorismo in Germania, dopo l’attacco sul treno a Wurzburg, la sparatoria nel centro commerciale di Monacola bomba ad Ansbach. Un documento fatto di 27 punti che include, oltre al bando dell’indumento islamico, anche la deportazione di soggetti che hanno commesso reati in tempi più rapidi e norme sulla privacy più flessibili per i medici. A tutto questo si aggiunge anche un’accresciuta video sorveglianza dei luoghi pubblici, del reclutamento di altri 15mila agenti di polizia e del divieto della vendita di armi ai sospetti estremisti.

La nuova proposta sullo stop al burqa ribalterebbe un parere del 2012 di una commissione del governo, che aveva dichiarato incostituzionale il divieto. Sono già comunque previste alcune eccezioni; per esempio, non è permesso entrare con il volto coperto allo stadio. Quanto alle nuove norme sulla privacy, al momento i medici che rivelino informazioni confidenziali sui loro pazienti rischiano fino a un anno di carcere.

Ma, quello che propone De Maziere, è che informino le autorità se un paziente assume un comportamento sospetto, tale da far ipotizzare che possano arrecare danno ad altre persone. Su questo punto è già intervenuta l’Associazione dei medici tedesca, secondo cui “la privacy dei pazienti è un diritto fondamentale previsto dalla Costituzione e la situazione della sicurezza interna non dovrebbe indurre a prendere misure politiche e legali affrettate”. 

L'articolo Germania, nuove misure antiterrorismo: allo studio anche il divieto di burqa proviene da Il Fatto Quotidiano.

Burkini, Valls: “Incompatibile con valori della Francia, ma no a divieti”. Alfano: “Vietarlo sarebbe provocazione”

$
0
0

La Francia va alla guerra del burkini, il costume da bagno ibrido tra burqa e bikini che lascia scoperti solo viso, mani e piedi, pensato per le donne di religione musulmana. Dopo i divieti ad indossarlo decisi da alcuni sindaci della Costa Azzurra e della Corsica, anche il primo ministro Manuel Valls si schiera contro l’uso dell’indumento, definito “incompatibile con i valori della Francia“. Il burkini, dice Valls, non è un costume da bagno ma “l’espressione di un’ideologia basata sull’asservimento della donna”. Tuttavia, in un’intervista a La Provence, ha detto di non essere favorevole a una legge nazionale contro il burkini. E sulla stessa linea il ministro degli Interni italiano, Angelino Alfano: “La nostra Costituzione garantisce a tutti la libertà di culto” e un divieto “sarebbe una provocazione”.

“Combattere il burkini, frutto di visione arcaica”
Il governo francese aveva già preso posizione con il ministro dei Diritti dell donne Laurence Rossignol, che si era detta d’accordo con i sindaci di alcune città del Paese – tra cui Cannes – sulla necessità di “combattere il burkini“, condannando tuttavia la decisione di contestualizzare il divieto tra le misure anti-terrorismo. Il capo del governo, in un periodo storico di altissima tensione con il mondo islamico, ha ribadito il concetto definendo il costume da bagno “una provocazione” frutto di “una visione arcaica“, secondo cui le donne sono “indecorose, impure e che quindi dovrebbero essere completamente coperte”.

I divieti tra nord e sud
La prima ordinanza municipale contro il costume era stata emessa il 12 agosto dal sindaco di CannesDavid Lisnard, eletto con il centrodestra, che aveva così motivato la decisione: “Il burkini manifesta in maniera ostentata un’appartenenza religiosa” e per questo “rischia di creare disturbo all’ordine pubblico”. In seguito al divieto, nei giorni successivi, tre donne erano state multate nella città della Croisette. Una era sdraiata proprio sulla spiaggia della Promenade, di fronte al Palazzo del Festival del cinema, e ha dovuto pagare 38 euro. Il giorno dopo, una donna di 32 anni è stata “colta in flagrante” sulla spiaggia di Zamenhoff. E lunedì pomeriggio è stata la volta di una tunisina di 57 anni. Altre sei donne, che secondo il capo della polizia municipale Yves Daros facevano il bagno “troppo coperte“, sono state avvertite ma hanno preferito lasciare la spiaggia.

La disposizione di Cannes è stata poi emulata dai sindaci di Villeneuve-Loubet, in Costa Azzurra, Sisco, in Corsica e Le Touquet vicino a Calais. Intervistato da Bfmtv, il sindaco di Le Touquet, Daniel Fasquelle, ha detto che sebbene non ci siano prove della presenza sulle spiagge locali di donne che usino il burkini “non bisogna aspettare di avere un problema per occuparsene, perché il compito di un sindaco è anche agire in anticipo”. Paragonando quindi la misura con il dispiegamento di agenti di polizia sulle spiagge. “Bisogna lottare contro tutti i comportamenti estremisti, quali che siano”, ha detto Fasquelle, che è anche deputato dei Repubblicani, il partito di Sarkozy, che dall’attentato di Cannes ha cambiato linea e ha spesso attaccato il governo socialista sulla questione sicurezza.

Il governo: “Escalation pericolosa”
A queste posizioni hanno risposto sia Valls che Rossignol che, seppur molto critici sull’uso del costume per credenti musulmane, sono contrari a un divieto pubblico. Il premier ha avvertito che l’estrema destra sta traendo vantaggio dalle tensioni create dal dibattito sul burkini. In una intervista pubblicata da Le Parisien, la ministra delle Donne ha invece parlato di una pericolosa “escalation” nelle reazioni dei municipi e in particolare ha criticato Cannes, che ha inserito il decreto tra le misure contro il terrorismo.

Alfano: “Il mio approccio è costituzionale e liberale”
Non è la prima volta che l’indumento ideato per permettere alle donne musulmane di fare il bagno crea polemiche, di recente un caso ha fatto discutere anche in Italia. Lo scorso 9 luglio in una piscina di Fidenza, nel parmense, una ragazza ha deciso di festeggiare la fine del Ramadan tuffandosi in acqua con i vestiti, scatenando le ire di esponenti di Fratelli d’Italia, Lega Nord e Forza Italia. Ma per il ministro Alfano i divieti non sono la soluzione. “Il mio approccio – spiega Alfano – è costituzionale, perché la nostra Carta garantisce a tutti la libertà di culto; liberale, perché esiste un diritto naturale che precede le leggi e le costituzioni; pragmatico, perché in Italia ci sono un milione mezzo di musulmani che io non posso certo considerare terroristi o fiancheggiatori dei terroristi; severo, perché ho espulso 9 imam in quanto c’è una differenza tra pregare e inneggiare all’odio e alla violenza”. La posizione del ministro è stata definita “sconcertante per l’approccio culturale che denota” da Daniele Capezzone, deputato di Conservatori e Riformisti, e criticata dal segretario della Lega Nord Matteo Salvini che ha invece plaudito ai sindaci francesi, invitando tutti i sindaci delle città di mare italiane a  “copiare l’esempio dei francesi, perché è un simbolo di arroganza, di sopraffazione, di violenza nei confronti della donna”.

L'articolo Burkini, Valls: “Incompatibile con valori della Francia, ma no a divieti”. Alfano: “Vietarlo sarebbe provocazione” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Burqa, la cancelliera Merkel: “Frena l’integrazione. Sì al divieto parziale”. Ministri interno regionali: “Vietare veli che coprono volto”

$
0
0

Il burqa è un ostacolo all’integrazione. Per questo la Germania è pronta a introdurre un divieto parziale del velo integrale che occulta anche il volto. Parola della cancelliera tedesca Angela Merkel, che giovedì ha spiegato: “Dal mio punto di vista, in Germania una donna completamente velata ha poche possibilità di integrarsi“. E ha dato pieno sostegno al ministro dell’Interno Thomas de Maizière secondo il quale il divieto integrale va escluso in quanto “il Tribunale costituzionale lo respingerebbe”, ma è possibile introdurre l’obbligo di mostrare il voto in determinati luoghi, come gli uffici della pubblica amministrazione.

Il dibattito nel Paese è acceso, perché il ministro dell’Interno della Baviera, Joachim Herrmann, continua a insistere sulla necessità di un divieto totale. E  venerdì i ministri dell’Interno regionali dell’Unione cristiano-democratica e sociale (Cdu-Csu, il partito della cancelliera) chiederanno in giornata il divieto di portare il burqa e altri tipi di veli islamici che coprono il volto, come il niqab, negli uffici pubblici, durante le manifestazioni e per chi guida un’automobile. A riferirlo in tv, citato dall’agenzia Dpa, il ministro federale Thomas de Maizière.

“Siamo d’accordo nel voler prescrivere l’obbligo di mostrare il volto dove è necessario per la convivenza nella nostra società: al volante, davanti alle autorità, all’Ufficio di stato civile, in scuole e università, nel servizio pubblico, di fronte a un tribunale”, ha detto il ministro sul secondo canale pubblico Zdf. “Rifiutiamo all’unanimità il burqa, non è adatto al nostro paese aperto al mondo”, ha detto ancora de Maizière.

Intanto il primo ministro francese Manuel Valls si è espresso contro l’uso del burkini, il tipico costume da bagno islamico, definendolo “incompatibile con i valori della Francia”. Tuttavia, in un’intervista a La Provence, anche Valls aveva dichiarato di essere sfavorevole a una legge che ne vieti l’uso. Della stessa idea è il ministro degli Interni italiano, Angelino Alfano: “La nostra Costituzione garantisce a tutti la libertà di culto” e un divieto “sarebbe una provocazione”.

L'articolo Burqa, la cancelliera Merkel: “Frena l’integrazione. Sì al divieto parziale”. Ministri interno regionali: “Vietare veli che coprono volto” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Iraq, l’Isis vieta burqa nei suo centri militari di Mosul: “Motivi di sicurezza”

$
0
0

Lo Stato islamico ha vietato di indossare il burqa alle donne che entrano nei suoi centri di addestramento militare a Mosul, in Iraq. L’ordine dei miliziani fedeli ad Al-Baghdadi è arrivato a sorpresa ed è stato rivelato da PressTV. L’obbligo di non indossare la lunga veste che copre dalla testa ai piedi è stato preso per “motivi di sicurezza” e il divieto impone severe punizioni per tutte quelle donne che continueranno a coprire interamente il proprio volto.

L’emanazione della nuova legge – che contrasta in modo plateale con l’obbligo imposto alle donne di coprirsi interamente dopo la presa della città – è una conseguenza all’uccisione di numerosi terroristi di alto livello da parte di donne che indossavano il burqa. La minaccia alla propria incolumità percepita dai seguaci del Califfo aveva causato un episodio analogo già a fine luglio, sempre a Mosul, quando a scomparire furono le barbe lunghe e gli abiti in stile “afghano”. Una tendenza scaturita nel timore di un attacco alla città dopo che l’esercito iracheno aveva conquistato la base aerea di Qayyrah, distante 70 chilometri dal centro. In quella circostanza, i miliziani avevano indossato abiti civili e si erano ritirati dalle strade.

L’Isis attacca quartiere sciita nel centro di Baghdad –  Sono almeno sei i morti provocati dall’esplosione di un’autobomba nel quartiere a maggioranza sciita nel centro della capitale. Lo rende noto la polizia irachena spiegando che nella detonazione sono rimaste ferite altre 30 persone. L’attacco, rivendicato dal Daesh è avvenuto poco prima di mezzanotte vicino all’ospedale Dottor Abdel Hamid, nel quartiere commerciale di Al Karrada, uno dei più colpiti da attentati di stampo terroristico. L’esplosione ha provocato anche l’incendio di una decina di auto e ha distrutto alcuni edifici residenziali della zona.

L’Onu consegna aiuti a città liberata dallo Stato islamico – Le Nazioni Unite hanno distribuito cibo agli oltre 30mila abitanti di Qayyarah, località dell’Iraq settentrionale liberata a fine agosto dalla presenza degli jihadisti. Lo ha annunciato in una nota il World Food Programme (Wfp), sottolineando che erano due anni che non venivano consegnati aiuti nella località ritenuta strategica in vista dell’offensiva finale delle forze governative per strappare Mosul all’Isis. Qayyarah è stata “inaccessibile per due anni”. La sua gente, ha evidenziato il direttore del Wfp in Iraq Sally Haydock, “soffre la fame perché non ha accesso al cibo”. Secondo l’agenzia che si occupa di assistenza alimentare, la località si trova in “condizioni catastrofiche” e inoltre “colonne di fumo nere” si alzano dai pozzi petroliferi dati alle fiamme dall’Is durante i combattimenti.

Spenti pozzi petroliferi nel Nord incendiati dall’Isis – Nella regione di Qayyara, 60 chilometri a sud di Mosul, diverse squadre di tecnici inviati dal governo nazionale sono intervenuti per spegnere vari giacimenti di petrolio che i fedeli di Al-Baghdadi avevano dato alle fiamme nella loro ritirata, avvenuta nel mese scorso. Salih Al Jubury, presidente del Consiglio locale, ha detto che tredici dei pozzi dati alle fiamme sono stati spenti, mentre si continua a lavorare per domare gli incendi in altri tre. Altri dieci pozzi, ha aggiunto Al Jubury, sono stati sabotati con l’apertura delle condutture e il greggio è arrivato a coprire alcune strade del centro di Qayyara, riconquistata dalle forze governative alcune settimane fa. I lavori di riparazione dovrebbero richiedere ancora una quindicina di giorni.

L'articolo Iraq, l’Isis vieta burqa nei suo centri militari di Mosul: “Motivi di sicurezza” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Potenza, rimosso il presepe con Maria in burqa. Il parroco: “Polemica partita da una lettura da ignoranti”

$
0
0

La chiesa di Sant’Anna a Potenza è stata teatro in questi giorni di un’aspra polemica. Oggetto della discordia il presepe allestito (e poi rimosso) che ospitava una madonna in abiti islamici, Giuseppe alias Mustafa e alcuni pastori musulmani. Il parroco don Franco Corbo, spiega lo spirito dell’iniziativa e riceve in dono un presepe tradizionale da una rappresentanza dei parrocchiani indignati per la scelta “terzomondista e immigrazionista” del parroco

L'articolo Potenza, rimosso il presepe con Maria in burqa. Il parroco: “Polemica partita da una lettura da ignoranti” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Marocco, vietata produzione e vendita del burqa: “Messo al bando perché criminali l’hanno usato per mascherarsi”

$
0
0

Nonostante non ci sia ancora nessuna conferma da parte delle autorità locali, la notizia è circolata in diversi siti di informazione ed è stata ripresa da diverse agenzie internazionali e il provvedimento con cui il governo marocchino vieta la produzione e la vendita del burqa per ragioni di sicurezza sarebbe effettivo già da questa settimana. Una mossa che sembra aggiungere un nuovo tassello all’opera di istituzionalizzazione dell’Islam portata avanti a suon di riforme dal re marocchino Mohammed VI. Ma che, secondo molti analisti, celerebbe soprattutto un nuovo modello politico.

Il burqa è l’indumento che copre interamente viso e corpo ed è indossato prevalentemente in Afghanistan. In Marocco la maggioranza delle donne veste l’hijab, indumento che nasconde il capo ma lascia scoperto il viso. Il velo integrale è diffuso tra i salafiti – ovvero chi osserva una versione più conservatrice dell’Islam – ma anche in questi casi, in Marocco, le donne vestono prevalentemente il niqab (velo che lascia scoperti solo gli occhi) e non l’indumento afghano. L’eco suscitato dal divieto, insomma, sarebbe assai più ampio rispetto alla nicchia alla quale si rivolge. E forse era proprio questo lo scopo che il governo marocchino si prefiggeva, oltre alla necessità di prevenire eventuali attacchi terroristici.

«Abbiamo preso la decisione di proibire l’importazione, la produzione e la vendita del burqa in tutte le città del paese», ha spiegato al portale di informazione Le360 un alto officiale del Ministero degli Interni marocchino, aggiungendo che «diversi criminali hanno usato questo capo per mascherarsi per questo abbiamo deciso di metterlo al bando». Secondo un altro sito, Media24, a Casablanca alcuni ufficiali del Ministero degli Interni avrebbero già comunicato con una circolare il nuovo provvedimento ai commercianti mentre a Taraoudant, nel sud del Paese, le autorità locali avrebbero concesso 48 ore di tempo a tutti i negozi per terminare il commercio dei capi.

Al momento il governo non ha vietato l’utilizzo del velo integrale nei luoghi pubblici, così come fatto da alcuni Stati europei come la Francia o il Belgio, ma da tempo re Mohammed VI e gli ulema (esperti di scienze religiose) a lui vicini, mostrano la volontà di volersi proporsi anche in campo internazionale come punto di riferimento dell’Islam moderato. Il monarca (che nel Paese rappresenta anche l’autorità religiosa) in un discorso pronunciato lo scorso agosto ha chiesto infatti ai marocchini residenti all’estero, circa 5 milioni, di restare fedeli «alle proprie tradizioni secolari e alla loro religione» per contrastare l’avanzata dell’Islam radicale. Nel 2015, inoltre, è stato inaugurato l’istituto Mohammed VI per la formazione degli imam. Tra gli studenti ci sono anche imam europei, elemento costituisce grande prestigio per le autorità marocchine che mirano a esportare nel mondo il modello di un Islam locale dialogante e cosmopolita.

La prima fase dell’ambizioso progetto ha avuto luogo, in realtà, in Africa centrale. Dopo aver creato lo scorso anno la Fondazione degli ulema africani, il sovrano marocchino ha visitato il Rwanda, la Tanzania, il Senegal, l’ Etiopia e la Nigeria presenziando all’inizio dei lavori per la costruzione di nuove moschee e portando delle copie del Corano stampate in Marocco. A livello interno, inoltre, la monarchia ha avviato una riforma dei testi scolastici mentre la Rabita Mohammadia, associazione di ulema che ha come obiettivo quello di promuovere l’Islam moderato, ha pubblicato sul suo sito dei quaderni scientifici che tramite l’esegesi delle scritture religiose demoliscono i precetti religiosi utilizzati dall’Isis per giustificare le violenze perpetrate contro i civili nel califfato e nei loro attentati. Secondo quanto riportato da una fonte a Il Fatto Quotidiano, il nuovo corso di Rabat sembra aver riscosso consenso anche negli ambienti vicini al governo italiano, che già nell’ultimo rapporto stilato dal Ministero dell’Interno sull’Islam poneva il problema di una formazione adeguata degli imam come centrale nella lotta alla radicalizzazione.

«Il Marocco può esercitare l’Islam moderato come mezzo diplomatico perché al momento è rimasto immune dagli attentati», conferma Iolanda Guardi, docente all’Università di Milano e esperta di teologia musulmana femminista. «Inoltre, il paese ha da sempre una politica di amicizia con diversi paesi europei tra cui l’Italia e si può proporre da paese arabo come interlocutore credibile con il mondo occidentale per quanto riguarda la lotta all’estremismo».

L'articolo Marocco, vietata produzione e vendita del burqa: “Messo al bando perché criminali l’hanno usato per mascherarsi” proviene da Il Fatto Quotidiano.


Burqa, assessore Sicurezza Lombardia al governo: “Vietarne la vendita come in Marocco”

$
0
0

Vietare la vendita del burqa come in Marocco. A chiederlo è Simona Bordonali, assessore alla Sicurezza, Protezione civile e Immigrazione della Regione Lombardia, in un appello rivolto all’esecutivo italiano. “Chiediamo al governo di vietare l’importazione e la commercializzazione del burqa – ha dichiarato l’assessore in quota Lega Nord – sia per motivi di sicurezza che per ragioni culturali. Proprio come ha fatto l’esecutivo di Rabat qualche giorno fa”.

Le autorità di Rabat hanno infatti chiesto ai produttori o ai commercianti di burqa di interrompere le loro attività. E dunque ne è vietata la vendita. Ma in Marocco non esiste alcuna legge che impedisca di indossare il burqa, tantomeno di venderlo o di fabbricarlo. Per questo il provvedimento straordinario delle autorità è considerato dall’Observatoire du Nord des Droits de l’Homme (ONDH) ingiusto. “La decisione del ministero degli Interni è da considerare illegale e nulla perché non si basa su alcun testo giuridico” e “viola i diritti delle donne di esprimersi e di vestirsi liberamente”.

Da tempo, aggiunge l’assessore Bordonali, “chiediamo di introdurre inoltre una normativa nazionale chiara e non interpretabile, che vieti di circolare nei luoghi pubblici con il velo islamico integrale”. Ricordando che “la Regione Lombardia ha già vietato l’ingresso con burqa e niqab negli ospedali e negli uffici regionali. Il governo segua il nostro esempio e prenda provvedimenti decisi contro questo simbolo di sottomissione”.

L'articolo Burqa, assessore Sicurezza Lombardia al governo: “Vietarne la vendita come in Marocco” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Islam, picchiate perché rifiutano velo. In Veneto 15enne in comunità, a Napoli 28enne all’ospedale. In 10 giorni 3 casi

$
0
0

Picchiate per non voler indossare il velo. Due casi in un giorno, a Bassano del Grappa, in Veneto, e a Sant’Anastasia, in provincia di Napoli. Luoghi diversi del Paese per due storie che si somigliano. Nel Vicentino è stato un padre a picchiare la figlia che tentava di uscire di casa senza velo. In Campania la violenza integralista è opera di un marito nei confronti della moglie 28enne che non voleva il burqa. In dieci giorni è il terzo caso di questo tipo: una 14enne a Bologna, infatti, è stata allontanata dalla famiglia dalla Procura perché era stata rasata a zero dalla madre che la puniva perché sembrava “troppo occidentale”. Ieri, infine, la storia di una quindicenne promessa sposa a Torino.

A Bassano l’episodio delle violenze è divenuto noto dopo che la 15enne si è presentata a scuola piena di lividi. Come lei stessa ha raccontato ai compagni, le tumefazioni le erano state procurate dal padre, arrabbiato per averla vista tentare di uscire senza velo: per questo l’ha presa a calci e pugni e poi, dopo averle fatto rimettere il velo, l’ha mandata a scuola. Una volta arrivata nell’istituto che frequenta, la giovane ha raccontato tutto agli amici, ai professori e infine al preside che ha chiesto l’intervento dei servizi sociali per portarla in una comunità protetta. L’ira del padre della ragazza si è riaccesa la sera, quando l’uomo non l’ha vista rincasare. I carabinieri l’hanno segnalato in Procura. Si tratta di un uomo di origine africana e di fede musulmana, residente nel Vicentino da diversi anni. “La priorità di un pubblico amministratore in questi casi è la sicurezza della ragazzina: arrivo a dire che ci interessano poco le ragioni che hanno portato il padre a picchiarla con violenza: sono comunque fatti inaccettabili, che non devono succedere mai” commenta Ermando Bombieri, vicepresidente dell’Unione montana Valbrenta (che riunisce otto comuni dell’area in prossimità di Bassano del Grappa) con delega al sociale. “Domani valuteremo insieme alla dirigenza scolastica e alle forze dell’ordine – aggiunge – come agire per tutelare la ragazzina, che per ora resta in una comunità protetta”.

Un caso simile è avvenuto a Sant’Anastasia, in provincia di Napoli, dove una 28enne è stata picchiata dal marito che ha rifiutato il burqa e minacciato il divorzio. Per questo il marito 51enne l’ha presa a calci e pugni e l’ha poi chiusa nel bagno per evitare che riuscisse a chiedere aiuto. La donna è però riuscita a scappare e una volta in strada si è accasciata al suolo. Alcuni vicini hanno allertato i carabinieri, ai quali la 28enne ha raccontato violenze anche passate subite dal marito. L’uomo è stato arrestato con le accuse di sequestro di persona, minaccia aggravata e maltrattamenti in famiglia. Sgomenti i vicini di casa della coppia: “Lei la vedevamo poco – raccontano alcuni vicini – prima accompagnava la bambina grande a scuola, ma ultimamente ha detto che l’aveva lasciata in Marocco e che voleva tornare lì anche lei. Lui sembra tanto una brava persona, mai sentito urlare, sempre gentile con tutti. Ci meraviglia che sia arrivato a tanto“.

L'articolo Islam, picchiate perché rifiutano velo. In Veneto 15enne in comunità, a Napoli 28enne all’ospedale. In 10 giorni 3 casi proviene da Il Fatto Quotidiano.

Picchia la figlia perché non vuole portare al velo: “Non riusciva a camminare”. Lui arrestato, lei in un centro protetto

$
0
0

Si rifiutava di portare il velo, di leggere il Corano, di imparare la lingua araba. Per questo il padre la picchiava: con questa accusa un kosovaro di 38 anni che vive in provincia di Siena è stato arrestato per maltrattamenti su minori. L’inchiesta è cominciata quando le compagne di scuola della ragazza e alcune insegnanti hanno notato i segni sul corpo della giovane che la costringevano a camminare a fatica. Così studenti e professori hanno chiamato i soccorsi e la giovane è stata ricoverata in ospedale. Qui i medici hanno avvertito le forze dell’ordine.

La giovane, spiega una nota della questura, è cresciuta “in un contesto familiare isolato ed estraneo alle normali condizioni di socialità“: non poteva intrattenere alcun rapporto con i coetanei e doveva seguire le rigide imposizioni del padre “che ha aderito ai precetti più radicali della religione islamica”. La ragazza si trova ora in una struttura protetta.

Un caso molto simile era avvenuto la scorsa settimana a Bassano del Grappa, in provincia di Vicenza, dove la vittima delle violenze del padre ha 15 anni ed è stata portata in sicurezza in un centro. Pochi giorni prima un’adolescente di Bologna era stata tolta alla famiglia dopo essere stata rasata a zero perché accusata di comportarsi in modo “troppo occidentale”. Stessa accusa rivolta dalla famiglia a una 16enne di origini marocchine che abita a Pavia: secondo le forze dell’ordine veniva frustata. A questi episodi, avvenuti negli ultimi 10 giorni, si aggiunge anche quello di una 28enne della provincia di Napoli finita all’ospedale perché aggredita dal marito che le contestava il fatto che non indossasse il velo.

L'articolo Picchia la figlia perché non vuole portare al velo: “Non riusciva a camminare”. Lui arrestato, lei in un centro protetto proviene da Il Fatto Quotidiano.

Germania, primo via libera al divieto del velo integrale per i dipendenti pubblici

$
0
0

Vietato il velo integrale sul luogo di lavoro per i dipendenti del settore pubblico in Germania. Il provvedimento è stato approvato dai deputati tedeschi e riguarda anche i funzionari e dirigenti dello Stato, i giudici e i soldati. Il Bundestag (la Camera bassa) ha anche dato il via libera ad un pacchetto di misure volto alla lotta contro l’estremismo e contro gli attentati jihadisti, come il braccialetto elettronico per i sospetti considerati “pericolosi”. Il testo per diventare legge dovrà ora essere approvato anche dal Bundesrat (Camera alta). “Coprire il volto per motivi religiosi o ideologici contraddice la neutralità richiesta da parte dei funzionari dello Stato”, si legge. Se il provvedimento diventerà legge, la Germania sarà il quinto paese in Europa a vietare parzialmente o totalmente l’uso del burqa, dopo Francia, Belgio, Olanda e Bulgaria. Anche Austria e Norvegia stanno per adottare un analogo divieto.

“L’integrazione significa che noi possiamo indicare chiaramente e trasmettere ad altre culture i nostri valori e i limiti della nostra tolleranza“, ha dichiarato il ministro degli Interni, Thomas de Maizière. Il divieto del velo integrale per i dipendenti pubblici è stato approvato pochi mesi prima delle elezioni legislative tedesche che si terranno il 24 settembre, dove il tema dell’integrazione degli immigrati islamici sarà uno dei punti più discussi . Il partito Alternative fur Deutschland (AfD), su posizioni sempre più vicine ai neonazisti dopo il ritiro della candidatura alle presidenziali della loro ex leader Petry, ha fortemente contestato la politica sui migranti adottata dal governo di Grande coalizione (Cdu-Csu ed Spd). Secondo gli ultimi sondaggi l’AfD  raccoglierà il 10% dei voti, diventando la terza formazione politica del Paese.

L'articolo Germania, primo via libera al divieto del velo integrale per i dipendenti pubblici proviene da Il Fatto Quotidiano.

La Corte di Strasburgo dà ragione al Belgio: “Vietare il velo in pubblico non viola nessuna libertà e non discrimina”

$
0
0

La Corte europea dei diritti umani ha dato ragione al Belgio, confermando che la legge che vieta alle donne musulmane di indossare il velo integrale o parziale in luoghi pubblici non è un atto discriminatorio e non viola il diritto al rispetto della vita privata e alla libertà di pensiero, coscienza, religione. Il ricorso è stato presentato da tre donne di religione musulmana che si sono schierate contro le leggi municipali e nazionali introdotte nel 2008 e 2011, considerate, secondo le parole del legale, “una sproporzionata intrusione dello Stato nella sfera dei diritti individuali come la libertà di espressione e di religione”.

I giudici sostengono che il divieto di indossare il niqab in luoghi pubblici è giustificabile perché la legge mira a garantire le condizioni del vivere assieme. La Corte aggiunge tra l’altro che gli Stati, in questo caso il Belgio, sono in una posizione migliore rispetto a quella della corte di Strasburgo per giudicare “le necessità locali e nazionali e il contesto”. Adottando questo divieto lo Stato belga, affermano i giudici, ha voluto rispondere a una pratica considerata incompatibile nella sua società con la comunicazione interpersonale e con la costruzione di relazioni umane, indispensabili per la vita collettiva.

Il divieto, adottato in primis dalla Francia nel 2010, è stato approvato dalla Camera Bassa del Parlamento belga nell’aprile del 2010 ma è entrato ufficialmente in vigore nel luglio del 2011 dopo il via libera del Senato. La legge è stata votata praticamente all’unanimità, con appena due voti contrari, e stabilisce che per ragioni di sicurezza, in luoghi pubblici come parchi o strade, è vietato indossare abiti che nascondano l’identità di una persona.

L'articolo La Corte di Strasburgo dà ragione al Belgio: “Vietare il velo in pubblico non viola nessuna libertà e non discrimina” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Australia, senatrice in aula con il burqa per vietarne l’uso: “Può favorire atti di terrorismo”

$
0
0

In aula indossando il burqa per vietarne l’uso. E’ stata questa la protesta inscenata dalla senatrice australiana Pauline Hanson. La politica è infatti convinta che l’uso dell’abito di abbigliamento musulmano può favorire atti di terrorismo. “L’Islam è incompatibile con la cultura australiana e spero che il mio messaggio abbia raggiunto in cittadini”, ha spiegato la senatrice. Tuttavia a stigmatizzare il suo gesto ci ha pensato il ministro della Giustizia, George Brandis: “Non possiamo mettere in un angolo la comunità musulmana, deriderla. Ci sono circa mezzo milione di australiani di fede musulmana e la stragrande maggioranza di loro sono buoni australiani”. In ogni caso una legge che vieta l’uso del burqa non è nei programmi del governo australiano.

L'articolo Australia, senatrice in aula con il burqa per vietarne l’uso: “Può favorire atti di terrorismo” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Minacce, botte e violenze sessuali sulla moglie per farle indossare il burqa: arrestato

$
0
0

Minacce, violenza sessuale, botte. Per anni una donna di origine marocchina con cittadinanza italiana ha subito dal marito ogni genere di vessazione: anche l’umiliazione di essere stuprata dall’uomo davanti alla figlioletta. Dopo un viaggio in Marocco per partecipare al rito del Ramadan, quelle minacce si sono fatte più decise, fino a prospettare la morte se la moglie non avesse indossato il burqa e rispettato rigidamente i dettami della religione islamica. L’uomo, 45 anni, marocchino, è stato arrestato dagli agenti della Squadra mobile di Reggio Calabria con le accuse di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale e corruzione di minorenne in esecuzione di un provvedimento del gip.

Un viaggio, quello nel suo Paese, che non avrebbe comunque portato ad una radicalizzazione dell’uomo. Il cambiamento caratteriale, secondo quanto hanno accertato gli investigatori, si è limitato al contesto familiare senza trascendere in comportamenti che possano far pensare ad un avvicinamento a frange estremiste. L’uomo, venditore ambulante, è in Italia da circa sette anni grazie ad un permesso per ricongiungimento familiare.

A far scattare le indagini, però, sono state le ultime, gravissime, minacce di morte rivolte alla donna per costringerla ad allontanarsi dagli usi e costumi occidentali, farle indossare il burqa e osservare rigidamente i dettami islamici. Dalle numerose testimonianze raccolte, gli investigatori hanno ricostruito il passato di violenze, testimoniato anche da vari interventi delle forze dell’ordine nell’appartamento dei coniugi. La Procura della Repubblica ha provveduto subito ad allontanare da casa la donna ed i figli, portati dalla polizia in un luogo diverso. Quindi il pm ha chiesto al gip l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per l’uomo eseguita oggi dalla mobile.

L'articolo Minacce, botte e violenze sessuali sulla moglie per farle indossare il burqa: arrestato proviene da Il Fatto Quotidiano.


Canada, il Quebec vieta il velo integrale sui mezzi di trasporto e negli uffici pubblici

$
0
0

Niente più velo integrale sui mezzi di trasporto e negli uffici pubblici. L’ha deciso la provincia canadese del Quebec, che ha approvato una legge per limitare l’uso da parte delle donne musulmane del niqab, che copre tutto il corpo tranne gli occhi, e del burqa, che prevede anche una retina a velare lo sguardo di chi lo indossa. Saranno vietati su autobus e treni e per tutti i lavoratori delle strutture pubbliche, compresi dottori, insegnanti e maestre d’asilo.

Il ministro della Giustizia del Quebec, Stéphanie Vallée, l’ha definita “una legge per la convivenza”, spiegando che il provvedimento è necessario “per ragioni di sicurezza” e che “rimarca chiaramente la neutralità dello Stato”. Originariamente la legge era stata pensata per vietare che chi lavorasse o si recasse in un ufficio del dipartimento governativo e in una qualsiasi istituzione finanziata dalla provincia, come le università, potesse avere il capo coperto. La misura è poi stata ampliata ai comuni, alle scuole, alla sanità e ai trasporti pubblici e così è stata approvata. “I servizi pubblici devono essere dati e usufruiti col viso scoperto, per ragioni di sicurezza, identificazione e comunicazione”, aveva anticipato già l’anno scorso Vallée.

C’erano già stati due tentativi da parte del Quebec di legiferare in materia, ma entrambi senza successo. Ci provarono inizialmente i Liberali al governo nel 2010 e poi, nel mandato successivo, il partito separatista (Parti Québécois) al potere, che aveva cercato di vietare l’esibizione di simboli religiosi da parte di insegnanti, dottori e altri lavoratori del settore pubblico.

“È una soluzione inventata per un problema che non esiste“, ha detto al Guardian Ihsaan Gardee del Consiglio nazionale dei musulmani canadesi. “Non c’è nessun’orda di donne velate che lavorano nei servizi pubblici o che vi accedono con difficoltà”. Secondo altri – continua il giornale inglese citando un sondaggio del 2016 da cui emergeva che solo il 3% delle donne musulmane in Canada indossano il velo integrale – questa legge sarebbe un modo per ingraziarsi quella fetta di popolazione più scettica sul tema dell’integrazione e guadagnare voti in vista delle elezioni provinciali dell’anno prossimo.

 

L'articolo Canada, il Quebec vieta il velo integrale sui mezzi di trasporto e negli uffici pubblici proviene da Il Fatto Quotidiano.

Svizzera, ok a legge anti-burqa in due cantoni. Nel 2019 voto nazionale

$
0
0

Dopo il Canton Ticino, anche il San Gallo ha introdotto in Svizzera – paese in Europa con il più alto numero di stranieri – il divieto di dissimulare il volto nei luoghi pubblici. La partecipazione al voto è stata del 35,8%. La proposta è stata accolta in tutti i comuni, con percentuali spesso superiori al 70% (83.830 voti contro 36.948) e la decisione apre la strada a quello che, probabilmente, sarà l’esito del quesito quando verrà proposto a livello nazionale nel 2019.

In passato, già Francia, Belgio e Austria hanno detto sì al divieto del volo integrale, che per la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo non è un atto discriminatorio e non viola il diritto al rispetto della vita privata e alla libertà di pensiero, coscienza, religione. In Marocco, inoltre, è stata vietata la vendita del burqa, mentre in Italia la Regione Lombardia ha approvato una norma ad hoc per ribadire il divieto – già previsto da una legge nazionale – a entrare nei luoghi pubblici senza mostrare il volto.

Al voto nel cantone San Gallo si è arrivati poiché la revisione della legge sulle contravvenzioni, approvata di misura dal parlamento cantonale a fine 2017 (Udc e Ppd erano a favore, il Plr e lo schieramento rosso-verde contrari), è stata combattuta da un referendum lanciato dalle sezioni giovani di Ps, Verdi e Verdi liberali. Il testo adottato dal legislativo cantonale – che si ispira all’articolo costituzionale già in vigore in Ticino – prevede che chiunque si copra il volto in pubblico sia punibile se “minaccia o mette in pericolo la sicurezza pubblica o la pace sociale o religiosa“. L’esistenza di un pericolo in tal senso deve essere valutato caso per caso.  La legge sangallese già prevede un divieto di dissimulare il volto, ma limitatamente agli assembramenti che necessitano di autorizzazione, alle manifestazioni e agli eventi sportivi. A livello federale è stata formalmente dichiarata riuscita lo scorso ottobre l’iniziativa popolare Sì al divieto di dissimulare il proprio viso lanciata dal Comitato di Egerkingen che già aveva promosso l’iniziativa contro i minareti e di cui fanno parte esponenti dell’Dc e dell’Unione democratica federale (Udf).

L'articolo Svizzera, ok a legge anti-burqa in due cantoni. Nel 2019 voto nazionale proviene da Il Fatto Quotidiano.

Islam: la signora Santanchè o della propaganda in democrazia

$
0
0

Come funziona la propaganda? E perché è pericolosa in democrazia tanto che Platone voleva chiudere la bocca ai sofisti e a tutti i retori capaci di giocare col linguaggio per confondere i cittadini? Il filosofo americano Jason Stanley in un libro recente spiega il meccanismo retorico insidioso della propaganda: invocare a gran voce un valore qualsiasi per persuadere in realtà gli altri che è giusto adottare politiche che negano quel valore. Per esempio, in nome della tolleranza bisogna vietare l’accesso in Europa a persone provenienti da Stati intolleranti, spingendo così verso una politica intollerante nei confronti di certi gruppi etnici. Oppure in nome della libertà delle donne difendere politiche illiberali contro i musulmani.

L’onorevole Santanchè è un esempio perfetto, forse a sua insaputa, di questo espediente retorico.

Mi sono dovuta confrontare con la signora Santanchè venerdì sera alla trasmissione di Lilli Gruber Otto e mezzo, dov’ero invitata con lei e con una teologa italiana musulmana, Nibras Breigheche.

La propaganda è subdola perché è difficile riconoscerla e distinguerla dai buoni argomenti. Soprattutto in televisione, dove il tempo è poco e i messaggi confezionati passano più facilmente dei ragionamenti.

Così la signora Santanchè comincia immediatamente ad attaccare la giovane teologa, per la prima volta invitata alla trasmissione ed estremamente educata, sfruttando la sua ben rodata esperienza di tivù e non lasciandola parlare, negando con la menzione di “fatti precisi” – tutti poi rivelatisi falsi – tutto ciò che diceva la teologa, mostrando dunque la stessa violenza e sopraffazione su una donna che lei sosteneva di combattere in nome della sorellanza universale.

Poi se la prende con me senza alcuna ragione, dato che da atea e antireligiosa quale sono, mi sembra difficile aver difeso posizioni pro-burqa, strillandomi che è molto fiera che suo figlio, immagino universitario a Parigi, non verrà mai a seguire i miei corsi, come se un ventenne brillante che studia all’estero stesse ad ascoltare la mamma per decidere che corsi seguire. Ho tanti studenti di tutti i paesi, anche musulmani, ai quali le madri lasciano la libertà di scegliere cosa studiare.

Poi interrompe di nuovo per dire che un inesistente art. 52 della legge reale sulla tutela dell’ordine pubblico è stato eliminato. Falso. Forse pensava all’art. 152, che è stato rinforzato? Ma sufficiente per mettere in difficoltà la teologa. La menzione esatta di dati inverificabili o falsi e un’altra vecchia tecnica di propaganda o, più semplicemente, come si diceva a casa mia, di “trombonaggine” per tenersi tutto lo spazio della conversazione e non mollare nulla. Il trombone difatti menziona dati con certezza senza sapere di che parla e sta bene attento a non terminare mai una frase con un punto interrogativo per non rischiare di aprire una breccia nel suo assordante assolo.

Gli slogan anche sono una tecnica: la “prigione portatile” del burqa ripetuta cinque, sei volte, o l’essere o non essere nello stesso film.

La povera signora Santanchè, nella ben stretta prigione portatile dei suoi pensieri, si è anche rivelata una perfetta istanza della famosa Terza Legge Fondamentale della Stupidità Umana: “Lo stupido è colui che nuoce agli altri senza nessun vantaggio per se stesso”. Perciò lo stupido è pericoloso: perché non si capisce lo scopo delle sue azioni, non è strategico e dunque ti sorprende sempre nel suo nuocerti perché non capisci perché l’ha fatto.

Quanto a me, ho avuto solo una conferma della Prima Legge della Stupidità Umana: “Sempre e inevitabilmente ognuno di noi sottovaluta il numero di stupidi in circolazione”.

L'articolo Islam: la signora Santanchè o della propaganda in democrazia proviene da Il Fatto Quotidiano.

‘Due sotto il burqa’, la cultura a volte vince sul fanatismo religioso

$
0
0

La commedia etnica dell’iraniana Sou Abadi, Cherchez la Femme!, in uscita in Italia il 6 dicembre grazie a I wonder pictures con il titolo italiano di Due sotto il burqa, non vuole parlare in senso stretto di integralismo e di religione,  ma raccontare la storia d’amore tra Armand, francese di origini iraniane (interpretato da Félix Moati), e Leila di famiglia mussulmana (Camélia Jordana), due studenti di scienze politiche pronti per partire per uno stage all’Onu negli Stati Uniti. Una storia d’amore che si intreccia con l’amore tradizionale mussulmano in un singolare triangolo amoroso capace di far esplodere le fondamenta dell’estremismo religioso.

Persino un classico come Shakespeare viene confuso per una massima del Corano, quando Armand ne cita un verso sotto le vesti di Shéhérazade, fanciulla che fa perdere la testa al fratello radicalista islamico Mahmoud (William Lebghil). Come dire che la cultura a volte vince sulla religione oppure è più duratura e credibile, mentre il fanatismo rende ciechi e incapaci di vedere e scoprire la vera realtà.

La verità infatti non spunta negli occhi di Mahmoud che accecato dall’amore per Sherazade diventa persino una sorta di Jack Torrance di Shining, quando prende a colpi d’accetta la porta della camera della sorella. Forse l’unica scena esplicitamente violenta di una storia, che per lo più gioca con il travestimento, ma pone anche un parallelismo tra politica e religione, tra la lotta per la libertà e i suoi ideali. Una società, sembra suggerirci la regista, che ha rinnegato la propria storia e i propri principi fatica a farsi spazio tra le altre comunità.

Per scegliere gli attori, la regista ha ricevuto una serie di No, proprio per la miscredenza dei personaggi principali, ma grazie a questo è riuscita a delineare un inedito punto di vista sull’estremismo religioso, tanto da dichiarare pubblicamente che la maggior parte di loro diventa integralista o carente d’affetto. Ma tra Charlie Hebdo e Mahmoud sicuramente è preferibile quest’ultimo. Cherchez la Femme!

L'articolo ‘Due sotto il burqa’, la cultura a volte vince sul fanatismo religioso proviene da Il Fatto Quotidiano.

Austria, il divieto di indossare il velo nelle scuole è un’inaccettabile forma di terrorismo razziale

$
0
0

Ieri, 28 gennaio 2020, l’Ansa ha lanciato la notizia secondo cui anche il vescovo di Innsbruck, Hermann Gletter – dopo che lo aveva fatto anche il cardinale di Vienna, Christoph Schönborn -, si è schierato contro il divieto alle donne musulmane di portare il velo nelle scuole pubbliche. La notizia è subito ripresa da tutti i giornali, anche italiani, ed è immaginabile che susciterà una “guerra di religione”, almeno sul web.

Ecco i fatti. In Austria il partito popolare (destra) del cancelliere Sebastian Kurz (Övp) e il partito dei Verdi si apprestano a varare una legge che allarga fino all’età di 14 anni il divieto di portare il velo, già esistente per le bimbe musulmane delle scuole elementari.

Tra il 2010 e il 2011 i parlamenti di Belgio e Francia hanno approvato il divieto del velo islamico che copre il viso su tutti i luoghi pubblici del territorio nazionale. Nel Canton Ticino dal 2013 è vietato in pubblico nascondere il viso; nel 2015 il Consiglio Federale Svizzero ha approvato l’inserimento del divieto nella Costituzione cantonale del Ticino.

Negli altri Paesi europei non esiste alcun divieto sancito per legge. La sentenza n. 2010-1192 (01-07-2014) della Corte Europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato che “non contrasta con la Cedu, né costituisce violazione della libertà religiosa del ricorrente, la legge francese del 2010 che pone il divieto di indossare il velo islamico nei luoghi pubblici”.

Il velo islamico è una delle espressioni identitarie della cultura medio orientale, araba e musulmana in particolare. Per molti è un segno di sudditanza della donna e proibirlo è affermare la pari dignità della donna in una società evoluta. Altri, specialmente le donne musulmane, rivendicano il diritto di portare il velo, sotto qualsiasi foggia, parziale o totale, perché espressione religiosa e culturale di chi lo indossa.

Per nessuno è un problema il velo (copre solo i capelli) o il chador (mantello che copre la donna lasciando il volto scoperto). Il problema in occidente si pone per il niqab che copre il capo, lasciando scoperti gli occhi e che è un completamento dell’abàya (che copre il resto del corpo) e, peggio ancora per il burqa: copre tutto il corpo da piedi a capo, con una fitta retina davanti agli occhi per vedere.

L’origine del velo si perde nella notte dei tempi ed è legato alle cosmogonie orientali, nelle quali emerge la colpa della donna nell’avere indotto l’uomo al peccato di trasgressione all’ordine di un dio. La condanna per questo sacrilegio è la sottomissione eterna della donna all’uomo che ne diventa proprietario. La donna non ha diritto di parola, non può testimoniare in tribunale, deve restare nascosta per svelarsi solo davanti al suo “signore/marito/padrone”.

Anche nell’harem la donna può essere discinta, ma deve portare il velo a copertura del volto e del capo. Il velo è proprio della tradizione ebraica, ripresa dal mondo cristiano, che lo sviluppò nei secoli, e infine dal mondo musulmano che lo mutuò dal cristianesimo.

Le monache e suore cristiane, cattoliche e ortodosse, portano ancora oggi il velo e quelle di clausura sono ancora oggi nascoste a occhi indiscreti, con il velo sostituito dalle grate di ferro. Nessuno, a rigore di ordine storico, può dire onestamente che il velo femminile sia una caratteristica solo musulmana, a meno che non sia in malafede. Fino oltre gli anni 50 del secolo scorso, cioè fino a 60 anni fa, le mie nonne portavano il velo che copriva il capo e gonne che coprivano l’intero corpo fino ai piedi.

È chiaro che il governo austriaco la vuole buttare in caciara e dimostrare nei fatti la propria attitudine razzista e xenofoba. L’allargamento del divieto austriaco e, prima ancora quello francese, belga o svizzero sono inficiati da nazionalismo etnico, quasi tribale, mentre vorrebbero farli apparire come fattori di “civiltà” senza rendersi conto di essere contraddittori e ignoranti. Hanno fatto bene i vescovi austriaci a protestare e a contrastare questo disegno disumano, perché motivato da ragioni discriminatorie e xenofobe. Non è una scelta politica, ma una forma di terrorismo razziale. Inaccettabile.

Altro, invece, sarebbe stato dire: riconosciamo pari diritti/doveri a tutte le cittadine di qualunque nazionalità. Nel rispetto delle leggi vigenti, chiunque può vestirsi come vuole; a tutti i cittadini è fatto divieto di svolgere attività pubblica o di apparire in pubblico con il volto coperto e non immediatamente riconoscibile per esclusivi motivi di ordine pubblico. Alle piccole cittadine austriache delle scuole materne (2018) ed elementari (2019) è già vietato coprirsi il volto in pubblico e dal 2020 il governo intende estendere questo divieto anche alle scuole medie per arrivare gradualmente all’intera società, senza distinzione, comprese le donne non nate in Austria, ma che hanno scelto il nostro Paese come luogo della loro vita.

Noi rispettiamo la religione, la cultura, l’origine, gli usi da qualsiasi nazionalità provengano. Ma andare incontro a popoli diversi e vivere presso di essi significa anche “mescolarsi” e lasciarsi contaminare. Per la ricchezza plurale, non per la grettezza singolare che chiude.

L'articolo Austria, il divieto di indossare il velo nelle scuole è un’inaccettabile forma di terrorismo razziale proviene da Il Fatto Quotidiano.

Svizzera, vince il sì al referendum anti-burqa: sarà vietato coprirsi il volto nei luoghi pubblici

$
0
0

In Svizzera non si potrà più indossare il burqa o il niqab. Con una risicata maggioranza, pari al 51,2% e 20 cantoni su 26, gli elettori elvetici hanno approvato il referendum sul testo di modifica costituzionale che vieta di celare il volto in tutti i luoghi pubblici, in particolare nelle strade, nei trasporti pubblici o negli stadi e riguarda anche tifosi e manifestanti. La percentuale dei voti favorevoli rispecchia l’esito incerto previsto dagli ultimi sondaggi, ma la proposta si è imposta senza difficoltà nella stragrande maggioranza dei cantoni: con 20 a favore e appena 6 contrari (Basilea Città, Zurigo, Appenzello Esterno, Ginevra, Berna e Grigioni).

In 15 cantoni svizzeri è già in vigore il divieto di coprirsi il viso in occasione di manifestazioni ed eventi sportivi, mentre la proibizione del velo integrale negli spazi pubblici è prevista solo in Ticino e nel Canton San Gallo. Sarà ora esteso a livello nazionale, come già in Francia, Austria, Bulgaria, Belgio e Danimarca. La norma approvata prevede eccezioni al divieto di coprire il volto solo per i luoghi di culto e per motivi inerenti a salute, sicurezza, condizioni climatiche e usanze locali, come quelle legate al carnevale. Sono invece escluse eccezioni per le turiste, che in gran parte arrivano dai Paesi del Golfo.

Il sì al divieto, per quanto risicato, è una vittoria della destra conservatrice e del Comitato di Egerkingen, già sponsor del referendum col quale nel 2009 venne vietata la costruzione dei minareti, che hanno promosso la consultazione, ma alla quale hanno contribuito anche settori politicamente assai lontani come la sinistra laica, i movimenti femministi e le musulmane liberali che giudicano il velo integrale lesivo della dignità delle donne.

L’esito del voto sconfessa il governo, schierato contro l’iniziativa giudicata eccessiva, e indica una mobilitazione in favore del ‘sì’ ben oltre i simpatizzanti dell’Unione democratica di centro (Udc, destra conservatrice), principale forza politica del Paese che ha fatto campagna per la modifica costituzionale. Per i contrari all’iniziativa, benché burqa e niqab urtino la cultura elvetica, il divieto imposto dall’iniziativa era esagerato, soprattutto se si considera che nel Paese le donne che indossano il velo integrale è stimato in poche decine.

L'articolo Svizzera, vince il sì al referendum anti-burqa: sarà vietato coprirsi il volto nei luoghi pubblici proviene da Il Fatto Quotidiano.

Ostia, 14enne rifiuta di mettere il velo e viene picchiata dalla famiglia: trasferita in una struttura protetta dopo la denuncia

$
0
0

Maltrattata ogni giorno in casa da mesi. Minacce e botte perché si rifiutava di indossare il velo. È quanto ha denunciato una ragazza 14enne, originaria del Bangladesh e residente con la famiglia a Ostia, nel quadrante sud di Roma. Sabato 13 novembre si è presentata dai carabinieri con i graffi sul volto raccontando quello che da mesi, ha denunciato di subire quotidianamente. La ragazza ha accusato la madre e il fratello di averla aggredita in diverse occasioni e anche minacciata di riportarla in Bangladesh. Due giorni fa l’ennesima lite degenerata quando il fratello 17enne l’avrebbe strattonata con forza facendola sbattere con la testa contro un mobile dell’appartamento. A quel punto è andata via di casa ed è corsa in caserma dove poco dopo l’ha raggiunta una insegnante della scuola che frequenta.

I carabinieri hanno raccolto la denuncia della ragazza e inviato un’informativa alla Procura ordinaria e a quella dei Minori. Le ipotesi di reato sono quelle di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali. La 14enne è stata medicata in ospedale e dimessa con 15 giorni di prognosi per un lieve trauma cranico ed escoriazioni. Quindi è stata condotta in una struttura protetta. La ragazza ha raccontato che le vessazioni e le aggressioni da parte del fratello e della madre 39enne avvenivano da mesi perché volevano imporle una rigida educazione contro la sua volontà. L’avrebbero anche minacciata di riportarla in Bangladesh se non avesse indossato il velo.

La fondazione del Fatto quotidiano, insieme alla onlus Trama di Terre finanzia borse di autonomia per sostenere donne sopravvissute alla violenza. Visita il sito è scopri come aiutarci: clicca qui

L'articolo Ostia, 14enne rifiuta di mettere il velo e viene picchiata dalla famiglia: trasferita in una struttura protetta dopo la denuncia proviene da Il Fatto Quotidiano.


Afghanistan, i Talebani impongono di nuovo il burqa alle donne: gli uomini “responsabili” rischiano il carcere in caso di violazioni

$
0
0

Il regime islamista dei Talebani, che ha riconquistato il controllo dell’Afghanistan dalla scorsa estate dopo la ritirata occidentale, ha imposto l’uso obbligatorio del burqa per le donne nei luoghi pubblici. Con un decreto approvato dal “ministero per la Prevenzione del vizio e la Propagazione della virtù”, sotto questo aspetto la condizione femminile afghana torna indietro di trent’anni. “Le donne che non sono né troppo giovani né troppo anziane devono coprirsi il volto, tranne gli occhi, come indicato dalla Sharia, per evitare di provocare quando incontrano uomini che non siano mahram“, cioè parenti stretti, recita il decreto firmato dal leader supremo dei talebani, Haibatullah Akhunzada. Esse, prosegue, “devono indossare un chadori“, cioè quel tipo di burqa che copre l’intera figura, dalla testa ai piedi, lasciando solo intravvedere gli occhi dietro a una feritoia velata da una griglia, “in quanto è tradizionale e rispettoso”.

L’uomo “responsabile” di una donna che si rifiuti di rispettare le disposizioni rischia anche il carcere, ha spiegato in conferenza stampa il ministro ad interim Khalid Hanafi. In un primo momento è previsto che la cittadina “ribelle” riceva una visita di un rappresentante dei Talebani, che chiederanno un colloquio con il parente maschio più vicino alla donna, che sia il marito, il padre o il fratello. Il tutore maschio della donna può anche essere chiamato a presentarsi al ministero. Di fronte a un caso grave, l’uomo dovrà recarsi in tribunale e rischia di finire in carcere per tre giorni. Il Corano, il libro sacro dell’Islam, indica ai musulmani – uomini e donne – di vestirsi con modestia: per i maschi ciò implica la necessità di coprire l’area dall’ombelico al ginocchio, mentre le donne, in presenza di uomini con cui non sono parenti o sposate, possono far vedere soltanto il viso, le mani e i piedi.

“Siamo estremamente preoccupati dal fatto che si stiano erodendo i diritti e i progressi conquistati e goduti dalle donne e delle ragazze e afghane negli ultimi vent’anni”, fa sapere un portavoce del Dipartimento di Stato Usa, aggiungendo che Washington e i suoi partner internazionali “restano profondamente inquietati dai recenti passi dei talebani verso donne, comprese le restrizioni sull’educazione e sui viaggi”. “Obbligo di burqa imposto dai talebani. Il peso della nostra sconfitta”, scrive su Twitter il commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni, accompagnando il messaggio con una foto di donne coperte dal burqa.

L'articolo Afghanistan, i Talebani impongono di nuovo il burqa alle donne: gli uomini “responsabili” rischiano il carcere in caso di violazioni proviene da Il Fatto Quotidiano.

Afghanistan, la sfida (di un giorno) ai Talebani delle croniste senza burqa: “Abbiamo resistito, ma ci avrebbero fatto cambiare lavoro”

$
0
0

Apparire in televisione con il volto scoperto, senza il niqab o il burqa. La sfida lanciata dalle giornaliste dei principali canali televisivi afghani al regime islamista dei Talebani è durata un giorno. Oggi le conduttrici di TOLOnews, Ariana Television, Shamshad TV e 1TV sono andate in onda rispettando i limiti previsti dal decreto dello scorso 7 maggio, che impone l’uso obbligatorio del burqa per le donne nei luoghi pubblici.

In precedenza era sufficiente un foulard che coprisse i capelli e il Ministero per la Promozione della virtù e la prevenzione del vizio aveva ordinato alle conduttrici televisive di adeguarsi entro sabato. “Abbiamo resistito e ci siamo opposte all’uso del velo integrale”, ha dichiarato Sonia Niazi, presentatrice di TOLOnews. “Ma l’emittente ha subito pressioni, hanno detto che a qualsiasi presentatrice apparsa sullo schermo senza coprirsi il volto sarebbe stato dato un altro lavoro“, ha aggiunto.

Mohammad Sadeq Akif Mohajir, portavoce del Ministero per la Promozione della virtù e la prevenzione del vizio, ha dichiarato che le autorità non hanno intenzione di costringere le presentatrici a lasciare il loro lavoro: “Siamo felici che i canali abbiano esercitato correttamente la loro responsabilità“, ha sostenuto. Il documento ministeriale detta le linee di condotta anche per i media: “Le televisioni – si legge – devono evitare di mostrare soap opera e serie all’acqua di rose nelle quali recitino donne”.

L'articolo Afghanistan, la sfida (di un giorno) ai Talebani delle croniste senza burqa: “Abbiamo resistito, ma ci avrebbero fatto cambiare lavoro” proviene da Il Fatto Quotidiano.

Afghanistan, la protesta delle donne di Kabul: chiedono di riaprire le scuole femminili. L’intervento dei miliziani blocca la marcia

$
0
0

Decine di donne hanno protestato a Kabul chiedendo “pane, lavoro, libertà”. Sfidando i talebeni, hanno rivendicato il diritto all’istruzione femminile, dopo che il regime afghano ha disposto la chiusura delle scuole secondarie femminili nel paese. “L’istruzione è un mio diritto. Riaprite le scuole” gridano le manifestanti (si stima una cinquantina di persone), molte con il viso coperto come recentemente imposto dai fondamentalisti, tornati al potere in Afghanistan lo scorso agosto.

Le donne sono riuscite a manifestare marciando per alcune centinaia di metri, prima di disperdersi: i miliziani talebani, in abiti civili, raggiunte le dimostranti hanno sequestrato loro i cellulari per impedire che venisse filmata la protesta e hanno impedito loro di continuare a marciare nella capitale. A diffondere un video della manifestazione, il quotidiano afghano Hasht e Subh.

Meno di un mese fa, il regime dei Talebani ha imposto l’uso obbligatorio del burqa per le donne nei luoghi pubblici, con un decreto approvato dal “ministero per la Prevenzione del vizio e la Propagazione della virtù” che – sotto questo aspetto – ha riportato la condizione femminile afghana indietro di trent’anni. “Le donne che non sono né troppo giovani né troppo anziane devono coprirsi il volto, tranne gli occhi, come indicato dalla Sharia, per evitare di provocare quando incontrano uomini che non siano mahram”, cioè parenti stretti, recita il decreto firmato dal leader supremo dei talebani, Haibatullah Akhunzada.

L'articolo Afghanistan, la protesta delle donne di Kabul: chiedono di riaprire le scuole femminili. L’intervento dei miliziani blocca la marcia proviene da Il Fatto Quotidiano.